La pietra connota tutta l'architettura dell'Alto Tirreno, messa in opera in conci sempre più grandi e più regolari via via che si recuperavano capacità di escavazione e di lavorazione.
Quasi a sottolineare la raffinatezza esecutiva e la preziosità del materiale impiegato - in assenza del marmo si ricorre a cave di calcari bianchi o grigio chiaro e dorate arenarie - i paramenti spesso rinunciano ad articolazioni e decorazioni scultoree.
In parallelo, dal grande cantiere della cattedrale di Pisa, crocevia di echi mediterranei, arabi e bizantini, si diffonde invece un diverso gusto del colore: arcate cieche, talora sostenute da colonne o lesene, talora includenti altre arcatelle, muovono le superfici; listature - che ogni territorio ottiene ricorrendo a pietre locali verdi, rossiccie, grigie - le percorrono, intercalando colorate tarsie e decorazioni a losanga.
Provincia di Lucca
Nelle architetture medievali lucchesi primeggiano il calcare bianco, il verrucano e l’arenaria macigno, reperibili facilmente i primi nei Monti Pisani, l’ultima sugli appennini.
Nell’alto Medioevo verrucano e macigno predominano, prima semplicemente spaccati e accostati in una muratura irregolare, mista negli esemplari più antichi a ciottoli di fiume e talora vivacizzata da inserti in cotto, poi tagliata in ‘bozze’ murate in filari regolari.
È solo con l’XI secolo che, in coerenza con un nuovo gusto architettonico, si impone il calcare bianco, identico al marmo per il biancore e la purezza, lavorato in modo sofisticato: le bozze venivano lavorate in parallelepipedi regolari, con la faccia a vista spianata e levigata, e venivano murate alternando filari di diversa altezza creando una tessitura che spesso ricorda tecniche dell’antichità. Effetti cromatici vengono raggiunti attingendo di nuovo ai Monti Pisani per i calcari grigi e neri, e, ormai nel XIII secolo inoltrato, al rosso di Garfagnana e al verde di Prato.
Provincia di Pisa
Nel territorio pisano sono state impiegate diverse qualità di materiali: il calcare ceroide ossia il “marmo di San Giuliano”, la calcarenite detta comunemente “verrucano” perchè cavato dal Monte Verruca, gli scisti verdi e violetti, la breccia di Caprona, la panchina volterrana, il tufo di Pignano.
I nomi dei materiali sottolineano una provenienza locale: spesso i cantieri medievali si sono serviti di pietre cavate nei loro dintorni per ottimizzare le spese di lavorazione e di trasporto, che all’epoca erano molto costose. Gli scalpellini quindi hanno lavorato il materiale grossolanamente in cava per poi rifinirlo sul posto.
A Pisa la capacità di utilizzare tecniche specializzate di costruzione, se mai è andata perduta, è stata reintrodotta precocemente rispetto ad altre aree italiane. Grazie a queste competenze, la maggior parte delle chiese del territorio risulta costruita in pietra squadrata, posta in opera su filari orizzontali, usando poca o nessuna malta.
I maestri costruttori impegnati nel cantiere della cattedrale hanno diffuso sui territori pisano, lucchese, sardo e corso alcuni motivi formali, quali l’uso della bicromia nel paramento e l’impiego di motivi a losanghe per decorare le facciate.
Sardegna
L'entità del Romanico in Sardegna è data essenzialmente dalla reale imponenza del fenomeno nel quadro edilizio: oltre 150 chiese abbastanza integre, che rappresentano ancora oggi uno dei connotati forti del paesaggio storico isolano. Come dappertutto anche in Sardegna l'idea del Romanico si lega – più che allo "stile" delle maestranze attive in cantieri itineranti e perciò culturalmente assortite – soprattutto a quella della pietra.
A parte due chiese completamente costruite in mattoni, il materiale utilizzato è proprio la pietra, tagliata in blocchi lavorati e messi in opera con cura. È la varietà dei suoli che determina il colore locale: calcare di tonalità calda al nord, nella basilica di San Gavino a Porto Torres; arenaria dorata del Sinis nella cattedrale di Santa Giusta; basalto scurissimo nella Santa Maria del Regno, cappella palatina di Ardara, capitale del giudicato di Torres; simile vulcanite nell’abbazia camaldolese di Santa Maria di Bonarcado; sempre vulcanite, ma rossa, cavata dall'altopiano di Ghilarza, nel San Pietro di Zuri; giochi cromatici di calcare e basalto nel paramento murario del San Paolo di Milis; vulcanite rossa o nera regolarmente alternata a calcare o a vulcanite più chiara nei corsi bicromi del San Pietro di Sorres, del San Pietro del Crocifisso a Bulzi, della Santissima Trinità di Saccargia.
Solo un ristretto gruppo di chiese dell’area gallurese è costruito in granito; nel San Simplicio di Olbia, all’eccezionalità di questo materiale litico si accompagna l’altrettanto rara presenza del mattone.
Corsica
Per la diversità dei materiali utilizzati, quali il granito, il calcare, lo scisto e il cipollino, le chiese romaniche corse indicano una particolarità geologica. Tali materiali derivano perlopiù da cave limitrofe. La policromia di taluni edifici è da ricercarsi nell’unione di una parte di questi materiali. Per le coperture furono impiegate lastre di scisto o tegole cave.